Recentemente Michael Specter, celebre giornalista e divulgatore scientifico del “New Yorker”, ha constatato che, nonostante progressi straordinari avvenuti in tutti i campi del sapere, stiamo vivendo una recrudescenza di superstizioni, false credenze e isterie di tipo millenaristico, simili a quelle del Medioevo. Molti osservatori e illustri esponenti della comunità scientifica, si stanno interrogando sul come e perché sia possibile la diffusione di teorie false, anche da parte di persone scolarizzate, a fronte del rigetto di teorie comprovate e dimostrate scientificamente. Ci si concentra soprattutto su due aspetti principali, collegati fra loro: quello della comunicazione e quello psicologico.
Parla l'esperto
False credenze e fake news: Come il pregiudizio e la disinformazione possono condizionare la comprensione e l’accettazione del metodo scientifico
12 Dicembre 2020 | a cura di Rossella Li Vigni | Tempo di lettura stimato 8 min
Comunicare le informazioni: come Internet ha cambiato tutto.
La comunicazione è completamente cambiata con l’avvento di Internet. Sul web chiunque può diventare produttore di notizie e, a propria volta, amplificare notizie altrui. Ai canali di informazione tradizionali, stampa, radio e tv, si sono aggiunte le piattaforme social, i blog ecc. La regolamentazione è ancora frammentata e incompleta per cui si nuota in acque torbide. In questo nuovo scenario attecchiscono facilmente le fake news. Gli ostacoli per effettuare verifiche rigorose sono sostanzialmente tre: la velocità nello scambio di informazioni (e quindi la loro fruizione); l’enorme quantità di notizie e dati circolanti; la loro disponibilità. I cosiddetti big data sono ormai accessibili a tutti.
La velocità di diffusione delle informazioni genera spesso un’incontrollabile corsa allo scoop, la caccia al sensazionalismo, oppure semplicemente alimenta l’ansia di voler arrivare a comunicare qualcosa prima degli altri. Persino il sistema del peer review, cioè il riscontro e il riesame di una pubblicazione o di un lavoro scientifico da parte di altri membri della comunità scientifica, risente di questo meccanismo. Il problema è che invece Il fact check, cioè il controllo della veridicità delle notizie necessita di tempo. Per quanto sia facile confezionare e postare una notizia falsa o un video sensazionalistico, la verifica è un processo complicato. Ci sono aziende e società che lo fanno per mestiere, ma non tutti possono utilizzarne i servizi, quindi bisogna risalire alle fonti, verificare l’attendibilità di siti e singoli profili, nei casi del web, confrontare una notizia su più giornali o siti o piattaforme, verificare date, luoghi, situazioni e così via… Ma non basta, perché il sistema legale e giudiziario, organizzato per contrastare i reati diffusi via carta stampata o nelle radio o televisioni, non è ancora riuscito a regolamentare efficacemente il web.
Il procedimento di verifica è ulteriormente complicato dal secondo ostacolo che abbiamo davanti, la sterminata quantità di notizie e dati circolanti, unita alla disponibilità, l’accesso facile, l’open access, fruibile da tutti. Chiunque sia in possesso di un telefonino, neppure l’ultimo modello di smartphone, può diffondere e ottenere migliaia di informazioni al giorno.
Come le informazioni su internet possono generare patologie
Tutto ciò, influisce non solo sui comportamenti del singolo individuo che diffonde o riceve notizie, ma può avere ripercussioni, anche serie, sui sistemi socio economici e sulle scelte istituzionali dei vari Governi. A livello personale si possono sviluppare patologie, come la sindrome da sovraccarico cognitivo per eccesso di informazioni, il bisogno di averne sempre di più, come in una dipendenza, o veri e propri deliri.
Abbiamo approfondito questo aspetto nell’articolo
Pandemia e disinformazione: l’infodemia e l’infomania sono un rischio per la salute mentale?
A livello collettivo, l’inseguimento della notizia e l’anticipazione mediatica, allo scopo di creare sensazione e consenso, provocano una reazione a catena dagli effetti spesso difficili da controllare. Ne è un esempio recente la diffusione da parte di Pfizer della notizia della messa a punto del vaccino anti Covid 19. Sebbene la comunità scientifica non abbia avuto modo di verificarne l’efficacia, l’esistenza di questo vaccino è stata resa nota in anticipo, provocando oltre a un aumento in borsa delle quotazioni della Pfizer, molte polemiche fra gli scienziati e una accelerazione anche da parte di altre aziende a divulgare i propri risultati.
"Cosa fare dunque? Non c’è una risposta univoca o una verità stabilita. Il desiderio di conoscenza, la curiosità, la voglia di migliorare, sono sentimenti connaturati all’uomo. E qui entriamo nel secondo ambito di studio, quello psicologico."
Quali sono le ripercussioni psicologiche della comunicazione e della sua diffusione tramite Internet?
L’uomo ha bisogno di socialità, ma il mondo web in realtà ha ribaltato i termini della questione, poiché lo scambio con gli altri e l’affermazione di sé, possono avvenire anche in perfetta solitudine. Il web elimina barriere come il senso del pudore, l’autocontrollo, la timidezza, la paura ecc. Sono solo con me stesso e mi espongo. Non è mai successo niente del genere finora. Ma ovviamente, nel momento in cui comincio a sostituirmi ai produttori accreditati di notizie (editori, giornalisti, fotoreporter ecc.), e divento l’editore di me stesso, senza alcun filtro, le mie azioni possono avere conseguenze e ricadute pesanti. Mentre nell’editoria, nella comunicazione istituzionale, o in quella svolta su piattaforme tradizionali, si è tenuti a rispettare regole etiche e deontologiche, codificate da decenni, nella affascinante giungla di Internet ci si può muovere come Rambo. Inutile dire quanto ciò sia pericoloso.
Anche la comunicazione scientifica segue regole precise di etica e deontologia, per quanto la scienza in sé sia neutra. L’effetto delle scoperte scientifiche sulle masse e il loro utilizzo non dipendono direttamente dagli scienziati, ma anche gli scienziati (dai ricercatori ai medici), devono fare scelte responsabili, seguire il metodo scientifico e applicare i relativi protocolli. Sono poi i legislatori, quindi i gestori dei sistemi politici dei vari paesi, a dover fare quelle scelte che realmente indirizzano i comportamenti delle persone. Sembra ovvio… ma è proprio qui che le cose si complicano e i problemi sembrano diventare quasi insormontabili. La comunità scientifica oggi è molto più permeabile al giudizio dei singoli individui, gli stessi che fruiscono dei big data. L’avvento di Internet, grazie a Tim Berners Lee, è stato davvero uno dei cambiamenti epocali della storia dell’umanità. Ma né le istituzioni, né i singoli fruitori, si sono mostrati pronti a comprendere e affrontare l’altro lato della medaglia.
Quello di cui parla Michael Specter: il risorgere di oscurantismi, l’affermazione di teorie antiscientifiche, la nascita di movimenti negazionisti e addirittura terrapiattisti. Minoranze? Sì, ma sempre più in grado di alzare la voce e farsi sentire, proprio perché è facile diffondere e amplificare le notizie false. Molte di queste voci sono arrivate ai vertici di Stati, nelle Università, nelle Istituzioni. In America si sta diffondendo la teoria cospirazionista del “disegno intelligente”, in altri Stati le battaglie dei no vax hanno provocato numerosi morti, i no ogm diffondono paure smentite dai dati scientifici, influenti sono anche le lobbies dei negazionisti dei cambiamenti climatici, e abbiamo visto anche le teorie complottiste sul Covid 19.
Credere alle fake news è dunque la risposta più facile o è un meccanismo psichico inconscio?
Dunque, molti individui preferiscono affidarsi a notizie palesemente false, piuttosto che convincersi della veridicità di affermazioni verificate e rigorose. La pubblicità, per fare breccia nelle psicologie, usa metodi studiati e conosciuti da anni, anche le dittature efferate si affermano con metodi di propaganda ben definiti. Ma ora siamo di fronte all’exploit di un fenomeno del tutto anarchico e incontrollato. Chiunque può essere artefice di fake news, o vittima, spesso grazie all’anonimato.
Una delle risposte che alcuni psicologi hanno fornito a questo problema, è che l’individuo cerca soluzioni facili a problemi di difficile comprensione. Abbiamo visto che persino persone malate di cancro rifiutano la chemioterapia, preferendo la naturopatia, l’omeopatia, le cure di presunti guru (v. cura Di Bella), piuttosto che fare una cura seria. Certo la cura seria richiede impegno, talvolta altra sofferenza, e non sempre risolve il problema, quindi meglio i fiori di Bach. Semplifichiamo certo, ma il meccanismo cerebrale funziona pressappoco così. Se sei cresciuto con determinate convinzioni, ad esempio natura=bene, chimica=male, sarà quasi impossibile cambiare le modalità di ragionamento in modo da ribaltare convinzioni acquisite. Non siamo nel mondo di “Arancia Meccanica” descritto da Burgess, per fortuna, ma non possiamo stare molto tranquilli, perché ci stiamo addentrando sempre più in quello di “1984”, di Orwell…
Armando De Vincentiis, psicoterapeuta e coordinatore del Cicap Puglia, ha affermato che se si porta avanti una campagna ideologica basata sul niente, è difficile che un ragionamento logico o una prova scientifica facciano cambiare idea, proprio perché l’idea non si è formata tramite ragionamenti o evidenza di fatti, ma tramite convinzioni, spesso pregiudiziali, aggiungiamo noi. Questo meccanismo appare tanto più vero se la campagna ideologica, basata su falsi presupposti, offre soluzioni facili. Inoltre esiste il senso di appartenenza ai gruppi, di riconoscimento di sé attraverso gli altri.
Ma neppure questi fattori sono sufficienti a spiegare perché certe persone sono più propense ad affidarsi alle fake news rispetto ad altre. Molti studi hanno dimostrato che anche l’istruzione non riesce a scardinare del tutto le false credenze, ma sicuramente un basso livello di istruzione peggiora la situazione.
Per approfondire il rapporto tra fake news e alfabetizzazione scientifica, puoi leggere:
Negazionismo scientifico, fake news e teorie del complotto su Covid-19: demenze e false credenze hanno meccanismi cerebrali comuni?
Celebre la frase di Darwin secondo cui “l’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza”, volgarizzata nel detto popolare “ignorante e presuntuoso”. In realtà queste affermazioni poggiano su alcune evidenze scientifiche. Si tratta dell’ormai famoso “effetto Dunning- Kruger”, dal nome di due psicologi americani della Cornell University, David Dunning e Justin Kruger, che nel 1999 resero noti i loro esperimenti, svolti per comprendere il grado di autovalutazione che una persona è in grado di attribuirsi. Il campione analizzato, mediante vari test (dalla comprensione della lettura all’abilità negli sport), ha mostrato che le persone maggiormente incompetenti o ignoranti in una data materia, tendevano al contrario a sovrastimare le proprie abilità, mentre quelle competenti, in genere, davano di sé una valutazione corretta o sottostimata.
La spiegazione fornita dai due studiosi è che il cervello, in questi casi, non sviluppa l’abilità “metacognitiva” che porta alla consapevolezza. Questo studio, al quale ne sono seguiti molti altri, non stabilisce ovviamente un rapporto definitivo di causa/effetto tra ignoranza e false credenze, ma è indubbio che mancati stimoli al ragionamento, scarsa propensione all’approfondimento, e un ambiente povero di scambi, possono influire negativamente sullo sviluppo delle capacità critiche. Steven Sloman e Philip Fernbach, psicologi cognitivi, nel loro libro “l’illusione della conoscenza”, sottolineano proprio quanto siano importanti l’ambiente in cui viviamo, la socialità, gli scambi, per lo sviluppo dell’intelligenza e della crescita personale.
Come possiamo agire contro il diffondersi delle fake news?
In conclusione, la cultura, la scolarizzazione, la diffusione e semplificazione della scienza, lo scambio frequente con altre persone e l’ambiente stimolante, sono tutti fattori che possono aiutare l’individuo a sviluppare una propria visione delle cose che non sia “nemica” di quella degli altri e che rifletta un approccio sano ai problemi del vivere quotidiano. Gli Stati devono legiferare, darsi regole chiare e isolare, senza ambiguità, atteggiamenti antisociali e pericolosi. Medici e scienziati possono pretendere dalle istituzioni di farsi carico di smascherare con strumenti efficaci le notizie false e le teorie pericolose, e quindi continuare a fare il proprio lavoro senza incorrere in campagne di disinformazione. Non si tratta di chiudere la porta a chi va controcorrente, ma di indirizzare la corrente.
Insegnare il metodo scientifico nelle scuole, sin da quelle primarie, stimolare la logica e il ragionamento, far sì che si sviluppino abitudini corrette di apprendimento. Sicuramente è una delle sfide più difficile del nostro secolo, ma solo la mente umana può rimediare agli errori della mente umana… quindi never give up!
Rossella Li Vigni, è giornalista, regista e autrice RAI. Da anni, lavora per i programmi di Piero Angela
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