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L’Intelligenza Artificiale in medicina e psichiatria: dalla fantascienza alla scienza

23 Maggio 2024 | a cura di Alessandro Rotondo Rossella Li Vigni

La rapida evoluzione dell’IA ha portato a una diffusione sempre più ampia di tecnologie utilizzabili in settori reali della vita quotidiana, con applicazioni che vanno dall’industria alla medicina.

Proprio in quest’ultimo ambito, l’IA sta producendo una rivoluzione che offre nuove sfide e opportunità in termini di diagnostica, di trattamenti e di gestione del paziente e delle patologie.

 Ma se da un lato aumenta l’utilizzo virtuoso dell’IA, dall’altro sono in aumento anche rischi e preoccupazioni che coinvolgono la sfera etica e operativa di tali tecnologie.

La macchina pensante

Il concetto di macchine pensanti è antico e ha sempre alimentato la fervida fantasia di molti scrittori. Pensiamo a “Frankenstein” di Mary Shelley, pubblicato nel 1818. Qui, l’idea di creare la vita in laboratorio, attraverso il reperimento e la rigenerazione di tessuti morti, introduce un’utopia filosofica dove lo scienziato assume un ruolo quasi divino.

Il desiderio di conferire umanità alle macchine ha attraversato tutto l’Ottocento, evolvendosi, poi, nel Novecento, parallelamente ai progressi scientifici e tecnologici.

Fu il romanziere Karel Čapek a coniare per primo il termine “robot” in un suo romanzo del 1920, seguito poi dalle opere di Isaac Asimov, che immortalò i robot nei suoi celebri racconti. Asimov non solo intrattenne il pubblico con la sua narrativa, ma lo fece anche riflettere sulla possibilità concreta che le macchine pensanti potessero essere realizzate.

Questo concetto si diffuse ulteriormente attraverso opere cinematografiche come “Metropolis” di Fritz Lang, “Blade Runner” e “Matrix”, ma soprattutto attraverso la visione di Stanley Kubrick in “2001: Odissea nello spazio”, che prefigurava lo sviluppo di una macchina intelligente con il computer HAL 9000.

 

Intelligenza artificiale

Il punto di svolta verso l’intelligenza artificiale (IA) nel mondo reale avvenne nel 1956, durante un convegno al Dartmouth College, dove si discusse per la prima volta la possibilità di creare sistemi intelligenti computazionali, basati su algoritmi matematici, capaci di effettuare ragionamenti logici.

Questo convegno segnò l’inizio di un’epoca in cui l’umanità cominciò a interrogarsi sulle potenzialità e le implicazioni future di una simile tecnologia.

Alan Turing, uno dei padri della moderna informatica, contribuì a definire il concetto di intelligenza artificiale con il suo “test di Turing”, secondo il quale una macchina può essere considerata intelligente se riesce a indurre in errore un osservatore umano riguardo alla sua natura.

Oggi, quello dell’IA è un campo interdisciplinare che studia lo sviluppo di sistemi informatici, sia hardware che software, capaci di replicare il comportamento umano, comprese attività come l’apprendimento, l’adattamento, il ragionamento e la pianificazione.

L’IA si basa su algoritmi, tecniche di calcolo e soluzioni che mirano a riprodurre il comportamento umano, consentendo alle macchine di interagire con l’ambiente, elaborare un linguaggio naturale, riconoscere le voci e persino riprodurre artificialmente la visione umana.

Tuttavia, è importante sottolineare che, nonostante le enormi implicazioni future, è l’uomo che trasferisce la propria intelligenza alle macchine e non viceversa.

L’IA rivoluziona il campo medico

Immagina un futuro in cui una diagnosi precoce e accurata delle malattie diventi la norma e nel quale i medici siano supportati da sistemi intelligenti in grado di interpretare esami clinici con una precisione sorprendente.

Questo futuro è già qui, grazie all’IA e ai suoi algoritmi di apprendimento avanzato. Questi algoritmi, addestrati su enormi quantità di dati, possono analizzare esami del sangue, radiografie, risonanze magnetiche e altri esami clinici con una precisione che supera spesso quella dei medici stessi.

Il risultato? Una diagnosi più rapida e accurata, un trattamento mirato e, di conseguenza, maggiori possibilità di guarigione.

Interazione empatica tra medico virtuale e paziente

Ma l’IA non si limita solo alla diagnosi e al trattamento delle malattie fisiche.

Immagina di parlare con un medico virtuale che non solo sia in grado di fornire risposte accurate alle tue domande mediche, ma è anche empatico e comprensivo.

Grazie a sistemi come ChatGPT, i medici virtuali possono rassicurare e rincuorare il malato, migliorando notevolmente l’esperienza del paziente durante il percorso di cura.

Questo approccio innovativo all’interazione medico-paziente sta cambiando il modo in cui concepiamo l’assistenza sanitaria, ponendo maggiore enfasi sul benessere emotivo e psicologico dei pazienti.

Automatizzazione delle attività amministrative

Oltre all’assistenza clinica, l’IA sta rivoluzionando anche l’aspetto amministrativo della professione medica. I medici, infatti, sono spesso oberati da compiti burocratici e gestionali che occupano gran parte del loro tempo prezioso.

Qui entra in gioco l’IA, automatizzando compiti come la gestione della documentazione e la pianificazione degli appuntamenti.

Questo, non solo libera i medici da compiti noiosi e ripetitivi, ma consente loro di concentrarsi maggiormente sull’assistenza diretta ai pazienti, migliorando così la qualità complessiva dell’assistenza sanitaria.

L’IA alleato nella diagnosi dei disturbi mentali

Nel campo della salute mentale, l’IA offre nuove possibilità e sfide uniche.

Immagina di possedere modelli predittivi sofisticati in grado di individuare segnali precoci dei disturbi mentali e della loro gravità e di supportare decisioni cliniche adeguate. Questo potrebbe essere possibile in un prossimo futuro grazie alle tecniche di “apprendimento profondo” (deep learning) che possono generare reti neurali artificiali in grado di prendere decisioni autonome.

Tuttavia, esistono ancora molte sfide da affrontare, come la necessità di garantire un addestramento accurato dei modelli, come dimostrato da un recente studio danese (1), oltre che la soluzione dei problemi etici nell’uso dell’IA nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi mentali (2).

Una ricerca condotta presso l’Università di Yale (3) ha esaminato la capacità degli algoritmi di apprendimento automatico di prevedere gli esiti del trattamento con farmaci antipsicotici per la schizofrenia, confrontando i risultati ottenuti in diversi studi clinici.

I modelli predittivi hanno dimostrato di essere efficaci nel prevedere gli esiti nell’ambito degli studi in cui sono stati sviluppati, ma hanno ottenuto risultati casuali quando si è tentato di generalizzare i risultati a tutti i paziente affetti da schizofrenia.

Questo suggerisce che gli attuali modelli predittivi degli esiti del trattamento della schizofrenia sono estremamente dipendenti dal contesto in cui vengono utilizzati e necessitano notevoli miglioramenti prima di poter essere utilizzati nella pratica clinica.

In un secondo studio, condotto al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, sono stati ottenuti interessanti risultati nella diagnosi del disturbo depressivo maggiore attraverso l’analisi con IA del linguaggio e dei modelli comportamentali di un gruppo di pazienti depressi (4).

Il lavoro si è concentrato su audio, video e trascrizioni di interviste di un campione composto da 100 individui sani e 43 affetti da depressione diagnosticata dal team di ricerca in base ai tradizionali criteri clinici.

Utilizzando una tecnica chiamata modellizzazione sequenziale, è stato analizzato il modo in cui tutti i partecipanti allo studio si esprimevano verbalmente e il loro comportamento. Ebbene, l’IA è stata in grado di individuare il 77% dei pazienti depressi presenti nel campione. Un risultato incredibile!

Rischi nell’utilizzo dell’IA in medicina

Nonostante, gli innumerevoli progressi descritti, l’implementazione tramite IA della diagnosi medica è ancora un terreno pieno di insidie e deve essere chiaro che l’obiettivo è di fornire agli operatori sanitari uno strumento diagnostico e terapeutico aggiuntivo, non di sostituirli (1).

Ci si interroga, infatti,  sulla validità di un eccessivo affidamento a freddi algoritmi nella diagnosi delle malattie (sovradimensionamento algoritmico) che rende difficile avere una visione olistica del paziente, che tenga conto anche di fondamentali fattori genetici, individuali e ambientali.

A questo dobbiamo aggiungere che l’IA può generare risultati incongrui, con risposte senza senso, o dare indicazioni false, generate dal sistema computerizzato e chiamate “allucinazioni”. In un certo senso, la macchina inganna se stessa perché non legge correttamente gli input trasmessi con conseguenze anche gravi per la salute dei pazienti.

In recente studio, quando è stato chiesto di rispondere a un quesito clinico sulla sicurezza e l’efficacia di un defibrillatore cardiaco, Chat GPT ha costruito risultati  falsi facendo riferimento a due diverse pubblicazioni sull’argomento inesistenti.

Un’ulteriore limitazione riguarda la  qualità dei dati generati dall’IA. L’accuratezza della diagnosi può essere elevata in casi clinici relativamente semplici, ma diminuisce significativamente in quelli molto complessi. Con miliardi di parametri da considerare, bisogna ripetere più volte il training e l’addestramento del modello di AI utilizzato e ciò richiede un enorme e costoso volume di calcoli, al momento difficile da ottenere.

Infine, è fondamentale sviluppare regolamenti e linee guida chiare che garantiscano un utilizzo responsabile ed etico dell’IA nella pratica clinica. Si pensi, ad esempio, alle devastanti conseguenze sociali di un monitoraggio automatizzato della salute mentale attuato con IA  in contesti inappropriati, come interviste di lavoro o interrogatori della polizia (5).

La recente legislazione europea sull’IA rappresenta, in tal senso, un passo importante verso la regolamentazione di questa tecnologia, promuovendo la trasparenza, la chiarezza e la valutazione dei rischi associati all’uso dell’IA nella società.

Quale futuro?

 L’IA sta rivoluzionando il settore della medicina e della psichiatria, offrendo nuove opportunità per la diagnosi, il trattamento e la gestione delle patologie.

Grazie ai suoi algoritmi avanzati, l’IA promette una maggiore precisione diagnostica, un’interazione più empatica con i pazienti e un’automatizzazione delle attività amministrative, liberando i medici dai compiti burocratici per concentrarsi sull’assistenza diretta.

Tuttavia, l’uso responsabile dell’IA richiede una regolamentazione etica che garantisca la trasparenza, la sicurezza e l’equità nell’accesso ai servizi sanitari.

Solo attraverso un approccio collaborativo e consapevole potremo massimizzare i benefici dell’IA nel campo della salute, garantendo al contempo la protezione e il rispetto dei diritti dei pazienti. Con la giusta guida e regolamentazione, l’IA può diventare un prezioso alleato nella lotta contro le malattie e nel miglioramento del benessere individuale e collettivo.

Tuttavia, è importante ricordare ancora una volta che, nonostante le enormi implicazioni future, è l’uomo che trasferisce la propria intelligenza alle macchine e non viceversa.

E forse, con il passare del tempo, l’uomo vi trasferirà involontariamente anche le proprie ansie, paure e sensi di colpa. E l’IA non farà distinzioni: imparerà, empatizzerà e soffrirà.

Quel giorno, forse, si apriranno ulteriori nuove frontiere per gli psichiatri:

“Mi dica IA, come si sente oggi?”

Per approfondire

  1. Cheng SW et al. Psychiatry Clin Neurosci 2023;77: 592-596.
  2. Allesøe R. L. et al. JAMA Psychiatry. 2023;80(2):146-155. doi:10.1001/jamapsychiatry.2022.4076
  3. Chekroud, A. L. et al . Science. 2024; 383, 164-167.
  4. Alhanai T. et al. Conference: Interspeech doi: 10.21437/Interspeech.2018-2522
  5. Junaid Nabi (Aspen Institute, World Health Organization). “How AI could reshape medicine”. Project Syndacate, 2024. https://prosyn.org/ZYgmMqw

 

* Rossella Li Vigni è una giornalista che lavora per importanti programmi della RAI. Tra i suoi impegni più importanti, una collaborazione ventennale con Piero Angela, che ha visto la realizzazione di centinaia di servizi di divulgazione scientifica per “Superquark” e “Speciali Superquark”. Oggi fa parte del team di “Noos”, il nuovo programma scientifico di Alberto Angela.

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