Con la legalizzazione del 2016 anche in Italia della cosiddetta “marijuana light”, erba a bassissimo contenuto di THC, il dibattito sulle droghe leggere ha ripreso vigore. Se da un lato, infatti, c’è chi sostiene che di cannabis non è mai morto nessuno, dall’altro ci sono studi che dimostrano che la cannabis può avere effetti dannosi a livello cerebrale, soprattutto se consumata abitualmente dalle fasce più giovani della popolazione. Cerchiamo di capire, allora, su quali basi scientifiche si fonda quest’ultima asserzione.
Parla l'esperto
Ti sei fumato il cervello? Colpa della cannabis!
3 Agosto 2021 | a cura di Alessandro Rotondo | Tempo di lettura stimato 12 minuti
I numeri parlano chiaro: l’Italia è una giovane fumatrice di cannabis
In effetti, sono diversi gli studi scientifici, effettuati su campioni di adolescenti e giovani adulti consumatori abituali di marijuana, a supporto di questi dati: il consumo costante e continuato nel tempo di cannabis provocherebbe danni alle cellule, chiamate neuroni, di un cervello in piena fase di sviluppo qual è quello degli adolescenti. La costante e alterata stimolazione del sistema nervoso centrale da parte dei principi attivi della cannabis, influenzerebbe i processi neurologici di maturazione cerebrale, alterando le funzioni percettive e cognitive dell’individuo.
I dati appaiono ancora più allarmanti se si considerano le cifre del fenomeno nel Bel Paese. Dal 2001, la marijuana è, infatti, la sostanza stupefacente più amata e consumata dagli italiani (1) : preoccupa il fatto che essa sia anche la più popolare tra i giovanissimi di età compresa tra i 15 e i 19 anni. Un dato confermato anche dal secondo posto occupato dal nostro Paese in Europa per consumo di cannabis tra i giovani e dall’altrettanto inquietante statistica che vede il 42% dei ragazzi tra i 12 e i 15 anni fare uso abituale di canne e spinelli.
Come valutare le alterazioni cerebrali provocate dalla cannabis
Parliamo di un’età, quella che arriva grossomodo fino ai 21 anni, in cui il corpo umano e, soprattutto, il cervello sono ancora in fase di pieno sviluppo. Diventa fondamentale, dunque, comprendere se e come i principi attivi presenti nella cannabis, possano avere un impatto negativo sul normale sviluppo neuronale e quali possano essere le conseguenze neuropsicologiche.
A tal proposito, un recente studio (2) pubblicato sulla prestigiosa rivista Jama Psichiatry, ha studiato gli effetti del consumo abituale di cannabis sul cervello in un campione di 799 adolescenti seguiti per 5 anni. A tal scopo è stata utilizzata la risonanza magnetica nucleare (RMN), che permette di ottenere immagini particolareggiate e in 3D della struttura anatomica delle aree cerebrali, e la tomografia a emissione di positroni (PET), che consente di mappare la densità dei recettori dei cannabinoidi 1 (CB1).
Cannabis e corteccia prefrontale: quando il fumo annebbia la nostra capacità di scegliere
L’uso continuativo di cannabis si associava ad assottigliamento della corteccia prefrontale e maggiore era la densità di recettori CB1 più pronunciata era la riduzione dello spessore corticale.
La corteccia frontale è proprio la regione dell’encefalo che matura appieno attorno ai 20-21 anni d’età. Non a caso, la corteccia prefrontale, interviene, insieme a un’area cerebrale nota come lobo limbico, nel controllo degli impulsi, nella regolazione delle emozioni, nelle decisioni da prendere e nella pianificazione di obiettivi a lungo termine nonché nella valutazione dei rischi e delle conseguenze dei nostri comportamenti; tutte cose che si imparano a gestire con reale consapevolezza proprio in questa fase della vita. L’inibizione dei comportamenti pericolosi, controllata dalla corteccia frontale, si esercita anche sulle emozioni che comportano piacere immediato, come quelle legate all’assunzione di sostanze come la cannabis. Questo è uno dei motivi per cui negli adolescenti, in cui la corteccia frontale non è ancora completamente sviluppata, è più facile l’insorgenza di una dipendenza da droghe.
Le conseguenze neuropsicologiche del consumo abituale di cannabis
Dati analoghi sono stati riportati in due importanti studi del 2011 (3) e del 2012 (4) che hanno analizzato lo spessore della corteccia cerebrale in adolescenti consumatori abituali di cannabis rispetto a coetanei non consumatori. Nei primi sono state osservate alterazioni dello spessore in diverse aree della corteccia prefrontale, un alterato sviluppo della sostanza grigia nel lobo frontale e una ritardata o addirittura mancata eliminazione delle connessioni sinaptiche in eccesso che avviene solitamente durante lo sviluppo allo scopo di consolidare le connessioni più utilizzate nei circuiti celebrali ed eliminare quelle in eccesso che potrebbero alterare la funzionalità nervosa. L’uso precoce e prolungato di cannabis può, pertanto, causare negli adolescenti alterazioni della connettività cerebrale, che sono all’origine di deficit cognitivi e di una maggiore vulnerabilità per disturbi psicotici, oltre che depressivi e d’ansia e, di particolare importanza, verso comportamenti impulsivi e aggressivi.
Un problema che non tocca solo i più giovani
E se le conseguenze del consumo abituale di marijuana sui più giovani possono arrivare a tali livelli preoccupanti, anche gli effetti sugli adulti non sono da sottovalutare. Una conferma di questo arriva dalla Medical School di Harvard e dalla Northwestern University di Chicago, che, con un autorevole studio⁵, hanno evidenziato come l’uso intermittente della cannabis (una o due volte a settimana) da parte di soggetti adulti, produce alterazioni significative della funzionalità dell’amigdala, il nucleo del cervello che sovrintende alle nostre emozioni.
Ciò che non ti uccide ti cambia per sempre…e lo fa in peggio
E allora, come dar ragione a coloro che, superficialmente, dicono che di cannabis non è mai morto nessuno? È vero, di cannabis non si muore, anzi in alcuni casi, quando usata a fini terapeutici, si guarisce persino. D’altro canto, le evidenze scientifiche che un suo consumo abituale, soprattutto in età adolescenziale, è nocivo per il corretto sviluppo del cervello, delle emozioni, dell’impulsività e delle percezioni ed è potenzialmente responsabile, in soggetti predisposti, dell’insorgenza di disturbi mentali, impongono di dover ammettere che, forse, una canna non sarà in grado di ucciderci, ma sicuramente può cambiarci dentro più di quanto vorremmo ammettere.
Bibliografia
¹ Dcsa – Direzione Centrale Servizi Antidroga, Relazione annuale 2021 su dati 2020. Pubblicazione: https://antidroga.interno.gov.it/temi/report/relazioni-annuali-dcsa/
² Albaugh MD, Ottino-Gonzalez J, Sidwell A, et al. Association of cannabis use during adolescence with neurodevelopment. JAMA Psychiatry. Published online June 16, 2021. doi:10.1001/jamapsychiatry.2021.1258
³ Lopez-Larson MP, et al. Altered prefrontal and insular cortical thickness in adolescent marijuana users. Behav. Brain Res. 2011 Jun 20;220(1):164-72
⁴ Rubino T, Zamberletti E, Parolaro D. Adolescent exposure to cannabis as a risk factor for psychiatric disorders. Journal of Psichopharmacology, 2012, Jan;26. doi: 10.1177/0269881111405362
⁵ Bouth Sequerra E, Cates S, Moreno MA, Lang J, Orosco LA, Spencer K. Endocannabinoid Signaling Alters Internal Programming of Neuronal Fate Specification. Journal of Neuroscience 27 March 2013. doi: https://doi.org/10.1523/JNEUROSCI.0274-13.2013
Non perdere nessun articolo