“Non è tristezza normale: è tristezza senza speranza”
Così la scrittrice Virginia Woolf, affetta da disturbo bipolare e morta suicida, definiva la depressione.
Disturbi dell'umore
“Non è tristezza normale: è tristezza senza speranza”
Così la scrittrice Virginia Woolf, affetta da disturbo bipolare e morta suicida, definiva la depressione.
Pertanto, la depressione non ha nulla a che vedere con i “normali” momenti di tristezza e infelicità che tutti noi sperimentiamo nella vita quotidiana e sono proporzionati per intensità e durata all’evento scatenante. Al contrario, deve essere considerata una reazione di gravità eccessiva rispetto alla “perdita” subita (la scomparsa di una persona cara, la fine di una relazione sentimentale o d’amicizia, il fallimento di un progetto o un’aspirazione) che viene vissuta con sentimenti di marcata tristezza fino alla disperazione. È assente la speranza di poter mai risolvere i propri problemi e si perde l’interesse, il significato e il piacere per la vita, il lavoro e gli affetti, anche quelli più intimi. In molti caso, peraltro, la depressione compare in assenza di eventi scatenanti o viene attribuita a piccole e “normali” difficoltà incontrate nella vita quotidiana.Purtroppo, la depressione è una malattia frequente che colpisce le donne con frequenza doppia rispetto agli uomini. In Italia ci sono circa 8 milioni di depressi e si stima che in tutto il mondo il 15-20% delle persone ne soffra almeno una volta nella vita!
La psicoterapia
Le manifestazioni della depressione sono in gran parte simili a quelli che si osservano durante i momenti di tristezza e preoccupazione, ma la loro intensità e durata sono tali da determinare una grave compromissione delle attività della vita quotidiana in ambito sociale, familiare, e lavorativo. La depressione può presentarsi con sintomi diversi da persona a persona.
I principali sono:
Per fare diagnosi di depressione, non è necessario che tutti i sintomi riportati siano contemporaneamente presenti. Tuttavia, se una persona avverte quotidianamente i primi due, che sono comuni a tutti i depressi, associati ad alcuni altri della lista, è molto probabile che soffra di depressione. Tipicamente, un episodio depressivo dura in media da quattro a sei mesi e può rappresentare un evento isolato nella vita di un individuo. Purtroppo, in oltre al metà dei casi, gli episodi depressivi tendono a ripetersi e fra un episodio e l’altro il recupero non è sempre totale. Si parla in questi casi di depressione ricorrente e, nel caso di durata di un episodio superiore a due anni, di depressione cronica. La malattia, specie quando ricorrente o cronica, si può associare a complicanze anche gravi, come una permanente riduzione delle capacità lavorative con conseguenti problemi finanziari, difficoltà anche gravi nei rapporti sociali e familiari, abuso di alcool e di droghe, aumento del rischio di ammalarsi di malattie fisiche (disturbi cardiaci, ipertensione, diabete, malattie gastrointestinali, infezioni). Tuttavia, il rischio più grave della depressione è rappresentato dal suicidio che si osserva nel 15-20% dei casi.
La depressione è una malattia dell’ “anima” o del “cervello”? È “psicologica” o “organica”? Già nel V secolo a.C., Ippocrate, padre della medicina, scriveva: “Da null’altro si formano i piaceri e la serenità se non dal cervello e così i dolori, le pene, la tristezza… ed è a causa del cervello stesso che impazziamo e deliriamo… E tutto ciò soffriamo per via del cervello quando esso non è sano…”. Le intuizioni di Ippocrate sono state ampiamente confermate dagli studi neuropsicologici e neurobiologici i quali dimostrano che fattori psicologici e fattori biologici sono due facce della stessa medaglia. Infatti, i processi “psicologici” alla base del comportamento, dei pensieri e delle emozioni sono frutto dell’attività biologica dei complessi “circuiti elettrici” di cui il cervello è costituito. La depressione, l’ansia e tutti gli altri disturbi mentali insorgono quando il funzionamento di questi circuiti è compromesso.
I fattori responsabili del “malfunzionamento” del cervello sono molteplici e interagiscono spesso fra di loro:
La terapia farmacologica è efficace nel 70% circa dei casi di depressione lieve e moderata, ma solo nel 30-40% delle forme più gravi. Sono attualmente disponibili in commercio numerosi farmaci, antidepressivi ed ansiolitici, tutti considerati efficaci e sicuri nella terapia della depressione. Dal momento che ognuno ha una risposta individuale e specifica al trattamento antidepressivo, non è possibile stabilire a priori quale sarà il farmaco “migliore”: la terapia deve essere “personalizzata” e questo richiede la stretta collaborazione fra psichiatra che prescrive e paziente che riferisce al medico benefici ed eventuali inconvenienti della cura che sta seguendo.
Quando la terapia viene prescritta ed assunta in modo corretto e per periodi di tempo adeguati, si osserva la risoluzione della depressione nella maggior parte dei casi. A questo proposito, occorre osservare che:
Le persone depresse tendono ad interpretare gli eventi di vita in modo negativo. Di conseguenza ogni situazione viene letta attraverso il proprio modo di dare significato. Ad esempio una persona che ha acquisito un’immagine di sé come persona incompetente tenderà davanti ad ogni situazione a non sentirsi all’altezza e ad aspettarsi di fallire; oppure una persona che ha acquisito un’immagine di sé come non amabile avrà la percezione del mondo come rifiutante. Attribuire a se stessi o agli altri le cause degli insuccessi, la generalizzazione (“non faccio mai bene niente”) e il sentirsi impotenti portano ad un abbassamento dei livelli di autostima, a passività e ad atteggiamenti autosvalutanti.
Nietzsche F.
La terapia cognitivo-comportamentale si concentra nell’aiutare il paziente a prendere consapevolezza della propria visione negativa (pensieri automatici) e aiutarlo a modificare i propri schemi e convinzioni disfunzionali. Inoltre, è possibile attraverso la terapia che il paziente possa apprendere strategie più efficaci per fronteggiare nuovi eventi stressanti e rispondere alle situazioni più critiche senza ricadere nella spirale depressiva.
In alcuni casi può essere opportuno un intervento rivolto alla coppia, poiché modalità di relazione disfunzionali, conflitti e l’espressione di critiche negative da parte del partner risultano essere associati allo sviluppo e al mantenimento di disturbi depressivi, al contrario una relazione intima e supportiva svolge una funzione protettiva e facilita il processo di guarigione del paziente.
L’associazione di farmacoterapia e psicoterapia cognitivo-comportamentale o interpersonale si è dimostrata significativamente più efficace della sola farmacoterapia o psicoterapia non solo nella cura degli episodi depressivi, ma anche nella prevenzione delle ricadute nel lungo periodo. Viene considerata, in base agli studi degli ultimi anni, la terapia di scelta soprattutto nella depressione grave e ricorrente.
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