Capita a tutti (e non è segno di malattia!) di controllare se la porta di casa è chiusa, di ripensare con insistenza a una persona incontrata o di rimuginare su un evento passato o futuro.
Ma quando i pensieri diventano martellanti e continui, quando le abitudini si trasformano in rituali ai quali non ci si può sottrarre e che occupano spesso l’intera giornata, allora siamo dinanzi ad una malattia disabilitante chiamata disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), caratterizzata da ossessioni e compulsioni.
“le ossessioni sono pensieri e immagini mentali assillanti, indesiderati e tormentosi. Il termine ossessione deriva dalla parola latina che significa “occupazione, assedio”. E proprio questo produce un pensiero ossessivo: vi attanaglia, vi opprime. Per quanto tentiate di allontanarlo dalla mente, non se ne va (…) ed è sempre fonte di trepidazione e di ansia. (…) Continua a insinuarsi nel vostro cervello, contro la vostra stessa volontà, nonostante lo troviate ripugnante”;
“le compulsioni sono comportamenti coatti adottati dalle persone affette da DOC nel vano tentativo di esorcizzare paure e ansie causate dalle loro ossessioni. Sebbene questi pazienti si rendano conto di solito che l’impulso a lavarsi, a controllare, a toccare certi oggetti o a ripetere numeri è ridicolo e insensato, la spinta è così forte che (…) essi si arrendono ed eseguono atti compulsivi. Purtroppo il cedimento a comportamenti assurdi tende a dare il via a un circolo vizioso: può arrecare un momentaneo sollievo, ma alla sempre maggiore adozione di comportamenti compulsivi corrisponde un intensificarsi di pensieri e idee ossessivi, che si fanno via via più assillanti e tenaci. Alla fine ci si ritrova non solo attanagliati da un’ossessione, ma anche costretti a fare i conti con un imbarazzante rituale coatto”.
Scrive Jeffrey M. Schwartz nel suo best seller “Il cervello bloccato”